Leggende legate all'epifania
Come spesso accade, quando le ricorrenze
religiose si trasformano in fenomeni popolari, fioriscono
miti e leggende.
In Emilia Romagna, ad esempio, si dice che nella notte
dell'Epifania le mura diventino ricotta.
Nelle Marche e in Abruzzo si dice che nel
giorno della Befana gli animali si mettono a parlare, ma guai a riferire il
contenuto delle loro rivelazioni!
A Palermo si narra che i Re Magi attraversarono l'isola e
fecero fiorire per incanto gli aranceti bruciati da una nevicata.
In Calabria le
ragazze, la notte della vigilia, prima di addormentarsi, recitano una canzoncina
augurale: se sogneranno una chiesa in festa o un giardino fiorito sarà per loro
un anno fortunato.
In Toscana i contadini infilano la testa sotto la cappa del
camino cercando di vedere le stelle; solo se ci riescono possono stappare il
vino nuovo... l'annata sarà buona.
Ecco adesso una carrellata tutta italiana dei
festeggiamenti e delle tradizioni più caratteristiche legati alla notte
dell’Epifania, conosciuta anche come la Dodicesima Notte. Così come ci ricorda
la Shakespeare infatti, sono trascorse già dodici notti da Natale.
A Faenza, in provincia di Ravenna, il 5
gennaio è la "Nott de Bisò", un'occasione per gustare specialità gastronomiche e
vin brulé a profusione, preparato da ogni rione che partecipa alla celeberrimo
Palio del Niballo. Il termine dialettale Bisò è proprio un invito a bere: "Bevi,
su".
La stessa sera, non molto lontano, a Ferrara
ci sono i questuanti accompagnati da diversi personaggi mascherati: una vecchia
grinzosa, un vecchione e altri due o tre di straccioni, di cui uno tutto tinto
di nero a simboleggiare uno dei Re Magi. Tutti insieme intonano canti popolari
per invitare i cittadini ad essere generosi.
In Friuli Venezia Giulia il
giorno dell'Epifania si salutano le feste appena passate con l'accensione del
tradizionale "Pignarul", un covone di rovi con in cima un pupazzo che
rappresenta la Befana. Secondo la tradizione, interpretando il fuoco ed
osservando la direzione del fumo, è possibile fare previsioni su come sarà
l'anno nuovo.
Anche Roma vanta
una lunga tradizione di festeggiamenti. Nel suo poema sinfonico Feste romane,
Ottorino Respighi ha riservato alla Befana il più protervo degli stornelli: "Lassatece
passà semo romani", in riferimento alla confusione della notte di piazza Navona.
In questa piazza, fino agli anni Cinquanta gli artigiani esponevano splendidi
presepi, marionette, teatrini. Adesso le numerose bancarelle offrono giocattoli
e tanti, tanti dolciumi e zucchero filato.
Rimanendo nel centro Italia, in vari piccoli centri in provincia di Chieti,
come Palmoli o San Salvo, la vigilia dell’Epifania gruppi di
cantori rinnovano la tradizione della questua, girando per le case del paese con
"du bbotte", fisarmoniche, chitarre e campanelli. Segue la richiesta di cibi e
bevande.
In Toscana è buona
abitudine intonare la Befanata, ovvero la canzone della Befana. Ancora oggi
viene cantata da gruppi di fanciulli o di adulti che, accompagnati di solito da
strumenti musicali, vanno di porta in porta, la sera del 5 gennaio, per
propiziarsi la Befana e sollecitare i regali in cambio.
La città di
Urbania, in provincia di Pesaro,
si è candidata come il luogo più originale e adatto per ospitare la "La Casa
della Befana". Per tutto l'anno i bambini mandano le loro lettere alla cara
vecchietta, che provvede personalmente a rispondere ad ognuno. Dal 2 al 6
gennaio il paese diventa teatro di balli, canti e concorsi di "bellezza" per
befane.
In tutta l’Italia viene
accettato il proverbio:
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(C) Dino Ticli