Tre
solitarie figure si muovono con circospezione. Intorno a loro la notte è
gelida, per buona sorte una luna grossa e piena non li lascia al buio.
- Tu ci credi? - esclama l’uomo con la pelle d’ebano
- Io devo crederci! - risponde il suo compagno col mento ornato da una folta,
nerissima e ben curata barba
- E tu? - rivolto, con un sorriso che la pelle così nera fa sembrare così
bianco, verso un altro compare.
- Io lo so - risponde il terzo uomo aggiustandosi il copricapo per non sentire
troppo il freddo.
Il cielo orientale sopra di loro è così carico di stelle da far impallidire le
luci di qualsiasi sfavillante città.
- Il freddo si fa pungente, andiamo allora; il piano lo conosciamo ormai bene
tutti e tre vero?
Senza aspettare risposta, l’uomo dalla pelle scura s’incammina e il rumore
dei suoi piedi, sui frammenti di selci di quello che forse un tempo poteva
essere stato un sentiero, scandisce i suoi passi ai quali fanno eco e coro il
rumore del cammino dei suoi compagni.
- Il piano? - pensa fra sé e sé l’uomo barbuto.
- Noi non abbiamo un piano, stiamo andando allo sbaraglio - ma senza dir nulla
continua a camminare.
”Un piano?” pensa l’uomo col capo coperto “non sapevo che ne avessimo
uno, io so solo che ci è stato detto di procedere in questa direzione fino a
raggiungere l?obiettivo, di non ascoltare nessun altro ordine se non quello di
arrivare al bersaglio e che questo ci sarebbe stato segnalato al momento
opportuno”. Scuotendo la testa
torna ad ascoltare il rumore dei suoi passi sul selciato come compagnia dei suoi
pensieri.
All’improvviso,
l’informe ombra nera di un folto gruppo di soldati si staglia all’orizzonte
di fronte a loro.
- Presto! Svelti! cambiamo direzione, non dobbiamo né farci trovare né
scontrarci con loro, li dobbiamo semplicemente evitare. - Pelle d’ebano fa
segno agli altri di seguirlo e i tre si mettono a correre in direzione opposta
ai soldati. Corrono come possono ingombrati dalle bisacce che portano sulla
schiena e intorno alla cintura. Senza essere visti, superato un leggero colle,
scorgono ai piedi di quest’ultimo una piccola folla radunata come in difesa di
un basso edificio circondato da un blando recinto. Improvvisamente nel cielo una
luce abbagliante solca il nero della notte sopra le loro teste. Sembra
raggiungerli, colpirli. Tutti e tre si gettano a terra, le mani sopra la testa,
la faccia nella polvere, il cuore in gola e gli occhi al cielo. Le orecchie tese
a sentire il passaggio della scia,
la luce li raggiunge, sibilando, facendoli tremare di paura, li supera e punta
sull’edificio terrorizzando la piccola folla. Ma invece di esplodere si ferma
a mezz’aria, sospesa, poi come venuta svanisce senza lasciare traccia di sé.
I tre si alzano spolverandosi i vestiti e sospirando. Tutti e tre avanzano verso
la gente, aprono il loro carico. Il gruppo di persone è allarmato, Gaspare si
liscia la barba e sorride agli altri due. Aprono le loro bisacce e prendono il
carico dalle loro cinture, gli uomini e le donne presenti li guardano
intimoriti. I tre depositano a terra i loro doni. Baldassare e Melchiorre
sussurrano: - Siamo arrivati.
E la notte si anima.