I
primi venti di dicembre erano sempre i giorni più belli dell'anno! Mio padre
allestiva il gigantesco presepe, mia madre preparava i dolci di Natale in
quantità industriale per regalarli poi ai numerosi parenti ed io giocavo coi
pastori.
Erano
tutti allineati sul tavolo e bisognava sceglierli ad uno ad uno, formare le
famiglie e inventare storie nuove. I miei preferiti erano due bimbetti che avevo
chiamato Vito e Sabrina e che diventavano spesso i protagonisti delle mie
fantasie. Sabrina con la sua tunica rosa e lo scialle bianco; Vito coi
calzoncini azzurri , una camiciola bianca ed il gilet rosso. Lei con le
scarpette, lui a piedi nudi. Per lei sceglievo genitori "ricchi": il
polentaio (che le somigliava pure un po'!) oppure
l'oste o il grasso falegname con la barba scura. Per Vito un papà più
povero: il fabbro oppure uno zampognaro senza scarpe. La mamma di Sabrina era
sempre Caterina, la pastorella meglio vestita della collezione, mentre per Vito
una donnina dolce ma scalza, con una pesante brocca d'acqua sulla spalla. Una
sola sorellina per Sabrina, tanti fratelli per Vito.
Poi
iniziava il gioco.
C'era
sempre tanta tristezza nella famiglia ricca: il padre severo, la madre incapace
di dare affetto, un litigio con i vicini. Tanta allegria fra i parenti di Vito
che, con i suoi fratelli scalzi, si divertiva a combinar guai da mattina a sera.
Ma i due bambini si volevano bene e spesso lui si metteva nei guai per lei,
perché la voleva aiutare, perché non sopportava di vederla piangere di dolore.
Immancabilmente si arrivava alla tragedia: gli adulti punivano i due bambini,
impedivano loro di frequentarsi oppure uno dei due veniva allontanato dal
paesino.
Quando,
intorno al 20 dicembre mio padre iniziava a sistemare i pastori sul presepe, il
gioco veniva interrotto per essere ripreso l'anno dopo. Sabrina finiva accanto
alla porta d'una casetta di montagna oppure nella piazza di un minuscolo
villaggio sperduto nel muschio verde; Vito, che aveva una mano alla fronte come
per guardare lontano, era puntualmente sistemato sul ponticello sul fiume,
oppure sulla terrazza d'una casa di legno e sughero.
Divisi,
però, continuavano ad alimentare i miei sogni di bambina. Il loro grande
affetto non sarebbe mai venuto meno e, sebbene distanti sul presepe e poi
conservati a casaccio nelle scatole di cartone chiuse dal filo di ferro,
avrebbero pazientemente atteso l'arrivo del prossimo mese di dicembre...
Quando
sono diventata grande e non ho più giocato con i pastori, ho sempre atteso con
una certa ansia il momento magico legato all'attimo in cui mio padre avrebbe
riaperto la scatola dei pastori. Ricordo tutto come se fosse ora: fra le tante
statuine di gesso e plastica allineate sul tavolo, tra pecore, angioletti, re
magi, galline, maialini di ogni grandezza, io cercavo Vito e Sabrina per
sistemarli uno accanto all'altra, nell'attesa di essere posizionati sul presepe
magnifico, grande tutta una stanza, che mio padre rendeva di anno in anno più bello,
maestoso e ricco di particolari. A fine gennaio, quando la scatola tornava nello
sgabuzzino, davo appuntamento ai miei piccoli amici per il prossimo dicembre. E
l'emozione di rivederli tornava sempre, puntuale, come lo stesso Natale!
Poi,
però, mio padre si è ammalato ed è morto e a Natale non abbiamo più avuto
quel bel presepe. Gli anni sono passati in fretta e non ho più rivisto i due
piccoli pastori. Sono rimasti con tutti gli altri, chiusi nelle grandi scatole,
conservati in un luogo asciutto, lontano dalla portata dei nipotini ormai
cresciuti....
Non
ho più potuto rivedere né Vito né Sabrina... e del presepe dell'infanzia
conservo intatto l'odore del muschio nelle mie narici...e una montagna di
dolcissimi ricordi.
Anche
quest'anno sta arrivando il Natale ed il mio pensiero è tornato all'infanzia
lontana...
Non avrò più il presepe di mio padre, né l'emozione e l'attesa di quei
giorni. Certo, ci sono ancora le due scatole di pastori... potrei aprirle e
cercare almeno Vito e Sabrina... stringere tra le mie mani adulte le due
statuine-simbolo del mio sereno passato...
Ma
basterebbe questo a colmare il grande vuoto? Il mio cuore dice di no e il
coraggio di farlo viene meno. Un nodo mi stringe la gola e la voglia di piangere
mi assale. Non ho più storie da inventare: i miei ricordi sono troppo presenti
e fanno ancora male...
Da
quelle scatole potranno pure uscire Vito e Sabrina ma non più i natali
d'allora! Né mia madre col profumo dei dolci nel forno... né mio padre,
arrampicato alla scala, che inchioda la carta stellata del cielo alle travi
colorate di verde, dove attaccherà poi il sughero ed i fili di ferro e le
altissime montagne ricoperte di neve-borotalco...
Non
sono pronta a ritrovare i miei amici pastori se non nella mia fantasia. E allora
li immagino ancora allineati sul tavolo, in attesa di essere sistemati sul
grande presepe, dove soltanto la grossa mano di mio padre potrà trovare per
loro il posto migliore! Nessuna delle mie povere storie d'allora poteva valere
questo ruolo: essere protagonisti di una storia reale, di un ricordo vivo,
palpitante, racchiuso gelosamente nello scrigno del cuore.