Era di nuovo notte. La notte di un giorno come tanti. Un giorno trascorso per strada, cercando di vendere ai passanti scontrosi ombrelli e borse di finta pelle. Solo, come sempre, Ivan cercava ora un angolo della vecchia stazione per trascorrere, al caldo, l'ennesima notte da emigrato. Eppure era Natale. Bastava guadare quel frenetico via vai di macchine e persone, le luci ancora accese sul presepe, le canzoncine trasmesse via radio... Un Natale di solitudine. Cercò nelle tasche il guadagno della giornata. Meno magro del solito ma sempre insufficiente. Contò le monete e non s'accorse del bambino che lo stava guardando con insistenza. "Mi regali un euro? Ho tanta fame"
"Eh? Ma che vuoi? Ma vattene via..."
Ivan strinse i soldi nel pugno e bestemmiò. Poi si voltò di spalle per non ascoltare più le lamentele dello zingarello. Quando si voltò il bambino se n'era andato.
La notte avanzava col suo carico di gelo pungente e le campane d'una chiesa vicina annunciavano la nascita del Redentore. Una piccola folla elegante s'incamminava chiassosa verso il grande albero di Natale illuminato a festa, nel giardino d'una villa privata. Al calore d'un falò si scambiavano doni costosissimi ed auguri, ridendo e brindando al Natale. Dal suo cartone sistemato per terra, una vecchina malconcia guardava verso la chiesa e piangeva. Ivan provò un certo fastidio e bestemmiò ancora. "Andatevene a quel paese voi e il vostro Natale". Provò a dormire, ma il volto del bambino affamato e il pianto della nonnina non gli davano pace. Allora s'alzò e s'incamminò, le mani in tasca, senza sapere neppure dove andare. Girovagò nella notte, scacciando ogni pensiero. Nei pressi della scalinata che porta al centro storico del paesino, urtò contro un tossico che tendeva la mano. "Aiutami, sto davvero male" ma Ivan tirò dritto. Entrò in un bar, bevve del latte caldo. Poi, la testa fra le mani, scoppiò in un pianto dirotto. Il barista tagliò corto: "Amico...devo chiudere...Buon Natale." E Ivan si ritrovò sulla via della chiesa illuminata. La tasca con il suo denaro pesava maledettamente. Vi affondò la mano e accarezzò le monete senza neppure accorgersi d'essere entrato nella chiesa. I fedeli cantavano inni dolcissimi mentre un giovane sacerdote sistemava il Bambino di gesso nella capanna del presepe. Le luci ammiccanti della strada non avevano
mai avuto il fascino ristoratore della luce di quella chiesa. Ivan guardò negli occhi il Salvatore e sentì il masso del suo cuore sciogliersi. "Misericordia!" sussurrò. E il Bambino sorrise. Incoraggiato da quello sguardo, l'uomo provò a pregare e a ripensare alla sua vita. Poi, d'istinto, uscì correndo dalla chiesa e si diresse lungo la scalinata. Il tossico era ancora là, svenuto, e non rispondeva al suo richiamo. Ivan si mise a urlare, fermò una macchina e fece chiamare un'ambulanza. Solo quando si rese conto che non era finita e che il giovane poteva essere salvato, tornò nella vecchia stazione e si mise alla ricerca dello zingarello affamato. Lo trovò che dormiva, tremando di freddo. Lo sollevò, gli diede la sua giacca e lo portò in braccio fino al cartone della vecchietta. "Ehi, nonnina, vieni con noi anche tu". L'anziana donna lo seguì senza parlare e Ivan bussò forte contro il portone della chiesa. Venne ad aprire il giovane sacerdote che, senza dire neppure una parola, indicò la sua macchina parcheggiata proprio di fronte all'oratorio. Così, tutti insieme, come la sacra famiglia del presepe, raggiunsero la loro capanna illuminata: un centro Caritas dove c'era per tutti un pasto abbondante ed un letto comodo per dormire. "Buon Natale" disse Ivan e, finalmente, s'addormentò.