L'ANGELO CELESTINO
di Gregorio Curto

Sta un po' appartato il mite Celestino
angelo docile bello e piccino
mentre Michele dai biondi capelli
scaccia Lucifero e gli altri ribelli.
"Non ho neppure uno scudo e una spada,
come potrei spalancarmi la strada
tra questi prodi valenti guerrieri
dal braccio forte e dagli sguardi fieri?"
Celestino non è che spettatore,
benché lo animi un vero santo ardore,
della grande battaglia in paradiso
che, conclusa, lo muove a un bel sorriso.
Di lì a poco gli suscita stupore
l'opera portentosa del Creatore
che plasma cielo e stelle, sole ed astri
e le comete, lunghi argentei nastri.
Per completare poi la sua creazione
affida il Dio del cielo una missione
ad angeli che vanno lesti e arditi
a eseguire il da far tutti compìti.
Colosso va e solleva le montagne,
Prato colora in verde le campagne,
Scroscio e Bufera, lieti e sorridenti,
portano acqua al mare e nei torrenti.
C'è poi Colore che non è da meno
nel far splendere in ciel l'arcobaleno
e Polvere che accumula la creta
perché, della creazione ultima meta,
Dio plasmi l'uomo, suo capolavoro,
ed abbia alfin riposo e un po' ristoro.
L'opera Celestino ammira tutta
ma rimane piuttosto a bocca asciutta;
pensa infatti sovente: "Perché Iddio
non ha voluto un contributo mio
nell'aiutarlo in qualche operazione
della grande stupenda sua creazione?"
E mentre pensa è attento testimone
dell'uomo che, caduto in tentazione,
per superbia determina il suo male
commettendo il peccato originale.
Ma avendo Iddio promesso un Redentore
che in perdono tramuti il primo errore
attende Celestino con pazienza
l'attuarsi di tanta provvidenza.
Quando poi si moltiplicano in terra
uomini intraprendenti in pace e in guerra
assegna Dio - a Lui sia sempre lode -
a ciascun uomo un angelo custode.
"Chi sa se pure io potrò vegliare
su un uomo che sia bello accompagnare
attraverso le prove della vita
a vincere con gioia la sua partita;
piccolo sono - pensa Celestino -
ma qualcosa per me l'Amor divino
avrà pur riservato perché anch'io
possa operando dare gloria a Dio".
Stabilisce però l'Onnipotente,
che è padre generoso e assai prudente,
che Celestino accresca la sua lode
sol facendo a una stella da custode.
Passano secoli, volano millenni;
molti incarichi Iddio, con pochi cenni,
affida agli angeli che in molti modi
lo servon da cantori o da custodi.
Tutti, ma non il mite Celestino
che è sempre lì nel suo bell'angolino
con la piccola stella tra le braccia
a far sereno ciò che al Padre piaccia.
Frattanto il giorno sempre più s'appressa
del compimento della gran promessa
che giunge infine: sopra una capanna,
pronti son gli angeli a cantare osanna;
risuonerà la lieta melodia
e con garbo la Vergine Maria
deporrà il Bimbo in una mangiatoia
di tremore ricolma eppur di gioia.
Pronto è Giuseppe, pronta è la sua sposa,
pure a Michele par manchi qualcosa;
riflette alquanto, poi si rende conto:
"Ora so ben perché non tutto è pronto!
Manca una stella sopra la capanna!"
Per questo trafelato ancor s'affanna
a chiedere al Creatore quale sia
l'astro che ai Magi indicherà la via.
E Dio risponde: "Va' da Celestino!"
Al che Michele, fatto un bell'inchino,
va a risvegliare dalla lunga attesa
l'angelo destinato a grande impresa:
"E' giunta, Celestino, la tua ora!
Abbandona l'antica tua dimora
e vola con la stella incandescente
là dove all'uomo Dio si fa presente!"
E così Celestino, di gioia pieno,
vola verso la grotta e in un baleno
vi giunge con la stella tra le braccia
lasciando in cielo luminosa traccia.
I magi, d'oro carichi e di gemme,
vedon la stella là, verso Betlemme:
"E' apparso un astro che non ha l'eguale;
è nato il Re dei Re, questo è il segnale!"
- dice il primo - ed un altro: "Mi par saggio
affrontare persino un lungo viaggio;
abbiamo infatti tutte le ragioni
per visitarlo e offrirgli i nostri doni".